Metti una sera al cinema ambulante

Il Cinemambulante arriva a Stresa portando la pratica antica dei “cinema ambulanti” di inizi Novecento.

Il 26 luglio verrà proiettata la versione integrale di Accattone di Pasolini, mentre nella seconda serata del 27 luglio, introdotta da Roberto Calabretto, il grande pianista jazz Umberto Petrin improvviserà durante la proiezione di una selezione di film del grande regista e intellettuale.

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Musica e cinema «dalla parte del popolo, degli umiliati e degli offesi»: così Hans Werner Henze ha applaudito la scelta di Pasolini regista di utilizzare la musica di Bach posta a commento di Accattone, film del 1961 ambientato nella periferia romana il cui stile di vita è improntato alla sopravvivenza giorno per giorno: stenti ed espedienti quotidiani sono l’unico modo che i protagonisti conoscono pr condurre la propria misera vita.

«Prima ancora di pensare ad Accattone, quando pensavo genericamente di fare un film, pensavo che non avrei potuto commentarlo altrimenti che con la musica di Bach; un po’ perché è l’autore che amo di più e un po’ perché per me la musica di Bach è la musica a sé, la musica in assoluto… Quando pensavo ad un commento musicale, pensavo sempre a Bach, irrazionalmente, e così ho mantenuto, un po’ irrazionalmente, questa predilezione iniziale». Così Pasolini regista dice a commento del film che all’epoca destò molto stupore se non addirittura scandalo per la scelta di musica bachiana accostata a storie di periferia e sottoproletariato.

Per Accattone Bach è una colonna portante.
Un esempio? Nel film alla rissa furiosa e carica di insulti fra Vittorio e il cognato («Ah, te la piji scherzando eh! Avanzo de galera che nun sei altro! Giusto la faccia tua ce vò a presentatte qua! Vattene! Che la faccia tua nun vojo che la veda, tu’ fijo! Nun vojo che se vergogni d’avecce avuto un padre così!») fa da contraltare il celebre Corale tratto da Matthaeuspassion BWV 244 (Wir setzen uns mit Tränen nieder und rufen dir im Grabe zu: / Ruhe sanfte, sanfte ruh’!) le cui parole «si rivelano straordinariamente efficaci a sottolineare le intenzioni pasoliniane di sacralizzare le vite dei sottoproletari» (Calabretto 2019).

«Vorrei essere scrittore di musica, vivere con degli strumenti dentro la torre di Viterbo [… ] e lì comporre musica, l’unica azione espressiva forse, alta, e indefinibile come le azioni della realtà» così scriveva nel Poeta delle ceneri.

Pasolini sapeva magistralmente usare la musica in suo possesso nell’unione con le immagini.
La musica è per lui elemento fondamentale, era convinto che per il suo cinema fosse più adatta la musica di repertorio piuttosto che una mediocre partitura.
Accanto a Bach, nume tutelare dei primi film del regista, troviamo anche Vivaldi e Mozart che attraversano ripetutamente il cinema di Pasolini, con una presenza velata in Uccellacci e uccellini per poi divenire protagonista in Edipo re, nel Fiore delle Mille e una notte e in Che cosa sono le nuvole. Inoltre molta musica etnica commenta le vicende di Cristo nel Vangelo secondo Matteo e incornicia la narrazione della cosiddetta “trilogia classica”; non sono da trascurare infine le lunghe “carrellate” di canzoni popolari che attraversano il Decameron e i Racconti di Canterbury.

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